CAPORALATO E SFRUTTAMENTO IN AGRICOLTURA

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Quando un uomo ti dice che è diventato ricco grazie al duro lavoro,

chiedigli: Di chi?" (Don Marquis)

 

  IL  QUADRO NORMATIVO                        NOTIZIE  


    TAVOLO CAPORALATO                      PIANO TRIENNALE 2020-22


      AZIONI E PROGETTI                      STUDI E  RICERCHE    



        INDAGINE CONOSCITIVA     



L'occupazione agricola in Italia si contraddistingue per la prevalenza di rapporti di lavoro instabili, di breve durata e caratterizzati da una accentuata stagionalità. In tale contesto, I lavoratori migranti, per specifiche condizioni di vulnerabilità (scarsa conoscenza degli strumenti di tutela, inidonea sistemazione abitativa, distanza dai luoghi di lavoro ecc.) costituiscono un potenziale bacino d'offerta di lavoro sottopagato e dequalificato. Nel corso dei decenni infatti, alla contrazione del numero degli addetti in agricoltura si è accompagnata una crescita esponenziale della componente migrante, considerata oramai indispensabile per la tenuta e l'esistenza stessa del settore agricolo. Si stima, infatti che i lavoratori stranieri costituiscano circa un quarto del totale della manodopera in agricoltura (Dossier statistico immigrazione, Idos – 2018).

Una cospicua parte di questo bacino di manodopera risulta ingaggiata irregolarmente, attraverso il cosiddetto "sistema del caporalato", espressione con la quale si fa riferimento all'intermediazione, il reclutamento e l'organizzazione illegale della manodopera nonché allo sfruttamento lavorativo (prevalentemente) in agricoltura.

I cosiddetti caporali, al di fuori dei normali canali di collocamento e senza rispettare le tariffe contrattuali sui minimi salariali, fungono da intermediari con i datori di lavoro, arruolando la mano d'opera e trattenendo per sé una parte del compenso (una sorta di tangente). Tratto cruciale del fenomeno è il monopolio del sistema di trasporto, che costringe i braccianti a dover pagare anche lo spostamento verso i luoghi di lavoro.

Tale sistema di intermediazione è presente quando è ampia la distanza tra aziende agricole e persone in cerca di lavoro e quando l'organizzazione del lavoro in squadre risulta essere particolarmente complicata. Il caporalato si presenta spesso come l'unico meccanismo organizzativo in grado di colmare quel vuoto strutturale fra domanda e offerta di lavoro.

Secondo le stime del IV Rapporto dell'Osservatorio Placido Rizzotto" della FLAI-CGIL (Giugno 2018), le infiltrazioni mafiose nella filiera agroalimentare e nella gestione della domanda e offerta di lavoro attraverso la pratica del caporalato muovono un'economia illegale e sommersa di oltre 5 miliardi di euro; inoltre tra i 400 e i 430 mila lavoratori stranieri sono esposti al rischio di ingaggio irregolare, e di questi ben 130 mila sono in condizione di grave vulnerabilità.

I dati ufficiali tuttavia fotografano solo parzialmente la progressiva crescita dei lavoratori stranieri in agricoltura, in quanto relativi ai soli lavoratori assunti con un rapporto di lavoro regolare. Sfuggono dunque alla contabilità statistica un numero consistente di lavoratori totalmente sprovvisti di tutele contrattuali (c.d. "lavoro nero") o anche occupati in modo parzialmente regolare (c.d. "lavoro grigio"). In quest'ultimo caso il lavoratore agricolo viene formalmente assunto, ma nei fatti il datore di lavoro denuncia all'Istituto Previdenziale un numero di giornate inferiore a quelle realmente svolte.

I dati ufficiali sul fenomeno non sono quindi aggregabili ma, secondo l'ISTAT, il lavoro irregolare in agricoltura è in costante crescita da dieci anni a questa parte, attestandosi su un valore del 23%, quasi il doppio rispetto al totale dei settori economici nazionali, stimati in circa il 12 % (Report Istat 2015, "L'andamento dell'economia agricola").