La Costituzione Italiana tutela il diritto all’abitazione stabilendo che il domicilio è inviolabile (articolo 14) e che l’accesso all’abitazione deve essere agevolato anche mediante il ricorso a provvidenze sociali (articolo 47, comma 2 e 31). 
La Corte Costituzionale ha avuto modo di precisare che il diritto all’abitazione si configura come un «fondamentale diritto sociale (sentenza n. 217 del 1988), riscontrabile nell'art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (New York, 10 dicembre 1948) e nell'art. 11 del Patto internazionale dei diritti economici sociali e culturali(…). 
La Corte ha comunque anche evidenziato che «il diritto all’abitazione tende ad essere realizzato in proporzione alle risorse della collettività » (sentenza n. 252 del 1989).

Stranieri e alloggio
Il diritto all’abitazione per gli stranieri si conforma, in base all’articolo 10, comma 2, della Costituzione alle norme e i trattati internazionali, tra cui si segnalano l’articolo 11 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (New York, 1966) che prevede il diritto di ognuno ad un livello di vita degno che comprende il diritto ad un’abitazione, e l’articolo 6, lettera a, della Convenzione ILO n. 97, il quale impone agli Stati membri di adottare, nell’applicazione di misure legislative che disciplinano l’accesso all’abitazione, un trattamento non meno favorevole rispetto ai propri cittadini.
L’abitazione rappresenta luogo e bene primario, nonché condizione necessaria, per lo svolgimento di un’esistenza libera e dignitosa per sé e per la famiglia di ciascun individuo. Non è un caso infatti che la disponibilità di un’abitazione sia uno dei requisiti previsti perché un cittadino straniero in Italia possa ottenere il permesso di soggiorno, un lavoro o richiedere il ricongiungimento familiare (articoli 5-bis, 7, 9, 22, 23, 26, 29 del Testo Unico sull’immigrazione).
La disciplina specifica in materia di accesso all’abitazione, contenuta nell’articolo 40 del Testo Unico sull’Immigrazione, assicura che anche lo straniero regolarmente soggiornante, a parità con i cittadini italiani, possa accedere all’abitazione senza discriminazioni (articolo 43, comma 2, lettera c, del Testo Unico).
Gli stranieri titolari di permesso di soggiorno UE e gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni Regione o dagli enti locali per agevolare l’accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione.
Più recenti provvedimenti normativi hanno tuttavia previsto requisiti ulteriori per l’accesso all’alloggio che si aggiungono a quelli già previsti dall’articolo 40, comma 6, del Testo unico.
In particolare, il piano nazionale di edilizia abitativa introdotto con il cosiddetto “piano casa”, di cui all’articolo 11 del decreto-legge del 25 luglio 2008, n. 112, convertito con legge 6 agosto 2008, n. 133, ha previsto l’incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l’offerta di abitazioni di edilizia residenziale destinate prioritariamente a prima casa per varie categorie di soggetti, tra cui gli immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale, ovvero da almeno cinque anni nella medesima Regione (articolo 11, paragrafo 13).
Analogamente detta legge prevede che nell’ambito del Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione, i requisiti minimi necessari per beneficiare dei contributi integrativi per gli immigrati prevedono il possesso del certificato storico di residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale, ovvero da almeno cinque anni nella medesima Regione. Tale ultima previsione è stata recentemente dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale.
Stante la competenza dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali, come l’accesso all’abitazione, le Regioni possono adottare politiche sociali, in proporzione alle risorse disponibili, tenendo in considerazione ulteriori requisiti collegati al livello di radicamento territoriale dello straniero all’interno del territorio di sua competenza, purché questi non siano manifestamente arbitrari o irragionevoli. 

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza n. 166 del 20 luglio 2018 (v. la notizia)


In merito al diritto all'accoglienza per i richiedenti protezione internazionale vai alla pagina dedicata.

Il certificato di idoneità alloggiativa

Lo straniero per soggiornare in Italia necessita della garanzia di un alloggio. L'alloggio può essere ottenuto grazie all'ospitalità di qualcuno oppure affittando o acquistando una casa. 

La disponibilità di un alloggio da parte dello straniero e dei suoi familiari costituisce uno dei presupposti essenziali richiesti ai fini di ottenere l'ingresso o un permesso di soggiorno nel territorio nazionale.  Nel caso di ingresso dello straniero in Italia per motivi di lavoro, il datore di lavoro deve garantire la disponibilità di un alloggio per il lavoratore, alloggio che deve rientrare nei parametri minimi previsti dalla legislazione regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, da attestarsi mediante la presentazione del certificato di idoneità alloggiativa rilasciato dal comune competente.


Per maggiori chiarimenti sono disponibili risposte ai quesiti più frequenti nelle seguenti lingue:
Ultimo aggiornamento: 7 settembre 2018